Terapia più efficace per il tumore ovarico di basso grado
Terapia più efficace per il tumore ovarico di basso grado
Il carcinoma ovarico sieroso di basso grado è una forma rara della malattia (un caso su 10 di tumore alle ovaie) che ha uno scarso tasso di risposta ai trattamenti attuali e che tende a colpire le donne più giovani. Le opzioni terapeutiche approvate per le pazienti con questa forma di tumore ovarico sono limitate alla chemioterapia e alla terapia ormonale, con tassi di risposta compresi tra lo 0 e il 14%. Oltre al trattamento standard, alcune pazienti, per esempio in Inghilterra, possono accedere al trametinib, un farmaco utilizzato per trattare tumori della pelle e del polmone e che è in grado di rallentare la progressione del tumore alle ovaie con un tasso di risposta del 26%.
Oggi finalmente si aprono nuove opzioni più efficaci di quelle disponibili. Si tratta di una combinazione di farmaci appena presentata al congresso annuale dell'American Society of Clinical Oncology (Asco) dai ricercatori del Royal Marsden Nhs Foundation Trust e dell'Institute of Cancer Research di Londra. La nuova terapia si è dimostrata capace di ridurre in modo significativo il carcinoma ovarico in quasi la metà delle pazienti e potrebbe rappresentare un punto di svolta nel trattamento di questa neoplasia.
Lo studio clinico - Nello studio clinico di Fase 2 appena presentato, i ricercatori hanno coinvolto 29 pazienti, tutte affette da carcinoma ovarico sieroso di basso grado, ed hanno testato il farmaco avutometinib, che blocca alcune proteine che aiutano a controllare la crescita e la sopravvivenza delle cellule tumorali sia da solo che in combinazione con defactinib, che annulla una proteina che promuove la resistenza ai farmaci.
I risultati dello studio - In quasi la metà (il 45%) delle pazienti trattate con avutometinib e defactinib, il tumore si è ridotto in modo significativo. In particolare, la nuova combinazione ha bloccato la crescita del tumore, rivelandosi oltre quattro volte più efficace del solo avutometinib e quasi due volte più efficace del trattamento con il trametinib.
Autrice dello studio è la dottoressa Susana Banerjee, nella foto.