Tumore ovarico: la guarigione è possibile?
Tumore ovario: la guarigione è possibile?
Negli ultimi 5 anni l’avvento dei farmaci PARP inibitori ha cambiato radicalmente il trattamento del tumore ovarico ed ha rappresentato una vera e propria rivoluzione in termini di sopravvivenza a lungo termine.
“La grande novità degli anni più recenti è stata la dimostrazione che i PARP Inibitori sono efficaci anche in prima linea, quindi subito dopo la diagnosi. E il beneficio offerto in prima linea non è soltanto quello che chiamiamo sopravvivenza senza progressione, cioè quanto tempo la paziente rimane senza recidiva. Abbiamo dati di sopravvivenza globale che indicano che con questi farmaci è possibile ipotizzare, per la prima volta, di riuscire a guarire più pazienti rispetto al passato e questa cosa non era mai stata osservata» ha dichiarato la professoressa Nicoletta Colombo, direttore ginecologia oncologica IEO e presidente del comitato scientifico di Acto Italia in occasione del webinar organizzato dall’associazione per la Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico.
“Per avere una misura di questo beneficio, uno studio clinico di Fase 3 pubblicato dal Journal of Clinical Oncology ha mostrato che a 7 anni dall’inizio del trattamento in prima linea con PARP inibitori (in particolare con olaparib), il 67% delle pazienti era viva rispetto al 46,5% di quelle che avevano ricevuto un placebo. Inoltre, nel gruppo delle pazienti che avevano ricevuto la terapia di mantenimento senza alcun trattamento aggiuntivo il 45,3% non aveva segni di recidiva, rispetto al 20,6% di chi aveva ricevuto un placebo. – ha proseguito Colombo. “Si è inoltre rilevato che di questi farmaci beneficiano non solo le pazienti con mutazione dei geni BRCA ma anche le pazienti HRD mutate, cioè con deficit della ricombinazione omologa e che la loro efficacia può essere potenziata attraverso combinazioni con altri farmaci.”
A questo proposito la professoressa Colombo ha riferito i risultati di uno studio clinico di Fase 3 che ha mostrato come l’aggiunta del PARP Inibitore olaparib all’anti-angiogenetico bevacizumab aumenti la sopravvivenza a cinque anni al 65,5% rispetto al 48,4% del solo placebo nelle pazienti HRD mutate e come l ’efficacia sia ancora più alta se sono presenti mutazioni BRCA (73,2% rispetto a 53,8%). Il trattamento in combinazione previene anche la ripresa della malattia: a cinque anni era libero da recidive il 46,1% delle pazienti trattate con olaparib rispetto al 19,2% di quelle appartenenti al gruppo placebo.
Per rivedere il webinar vai a questo link https://www.facebook.com/ActoItaliaETS/videos/617184050271495