Newsletter Maggio Giugno 2023
8 maggio: Acto illumina l’Italia
E così in occasione della Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico siamo riuscite ad illuminare quasi tutta l’Italia. Dal Piemonte alla Sicilia le associazioni regionali Acto hanno illuminato di una luce verde ottanio i principali monumenti delle loro città.
La luce dei monumenti ricorda il colore di una malattia grave e altamente mortale che tocca oltre 50mila donne italiane e che negli ultimi anni è stata protagonista di una rivoluzione terapeutica molto importante grazie alla quale oggi si comincia a parlare di guarigione. Con il loro verde brillante le luci dei monumenti ci ricordano questi grandi successi e ci danno fiducia nel futuro.
Tumore ovario: la guarigione è possibile?
Negli ultimi 5 anni l’avvento dei farmaci PARP inibitori ha cambiato radicalmente il trattamento del tumore ovarico ed ha rappresentato una vera e propria rivoluzione in termini di sopravvivenza a lungo termine.
“La grande novità degli anni più recenti è stata la dimostrazione che i PARP Inibitori sono efficaci anche in prima linea, quindi subito dopo la diagnosi. E il beneficio offerto in prima linea non è soltanto quello che chiamiamo sopravvivenza senza progressione, cioè quanto tempo la paziente rimane senza recidiva. Abbiamo dati di sopravvivenza globale che indicano che con questi farmaci è possibile ipotizzare, per la prima volta, di riuscire a guarire più pazienti rispetto al passato e questa cosa non era mai stata osservata» ha dichiarato la professoressa Nicoletta Colombo, direttore ginecologia oncologica IEO e presidente del comitato scientifico di Acto Italia in occasione del webinar organizzato dall’associazione per la Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico.
“Per avere una misura di questo beneficio, uno studio clinico di Fase 3 pubblicato dal Journal of Clinical Oncology ha mostrato che a 7 anni dall’inizio del trattamento in prima linea con PARP inibitori (in particolare con olaparib), il 67% delle pazienti era viva rispetto al 46,5% di quelle che avevano ricevuto un placebo. Inoltre, nel gruppo delle pazienti che avevano ricevuto la terapia di mantenimento senza alcun trattamento aggiuntivo il 45,3% non aveva segni di recidiva, rispetto al 20,6% di chi aveva ricevuto un placebo. – ha proseguito Colombo. “Si è inoltre rilevato che di questi farmaci beneficiano non solo le pazienti con mutazione dei geni BRCA ma anche le pazienti HRD mutate, cioè con deficit della ricombinazione omologa e che la loro efficacia può essere potenziata attraverso combinazioni con altri farmaci.”
A questo proposito la professoressa Colombo ha riferito i risultati di uno studio clinico di Fase 3 che ha mostrato come l’aggiunta del PARP Inibitore olaparib all’anti-angiogenetico bevacizumab aumenti la sopravvivenza a cinque anni al 65,5% rispetto al 48,4% del solo placebo nelle pazienti HRD mutate e come l ’efficacia sia ancora più alta se sono presenti mutazioni BRCA (73,2% rispetto a 53,8%). Il trattamento in combinazione previene anche la ripresa della malattia: a cinque anni era libero da recidive il 46,1% delle pazienti trattate con olaparib rispetto al 19,2% di quelle appartenenti al gruppo placebo.
Per rivedere il webinar questo è il link https://www.facebook.com/ActoItaliaETS/videos/617184050271495
Terapia più efficace per il tumore ovarico di basso grado
Il carcinoma ovarico sieroso di basso grado è una forma rara della malattia (un caso su 10 di tumore alle ovaie) che ha uno scarso tasso di risposta ai trattamenti attuali e che tende a colpire le donne più giovani. Le opzioni terapeutiche approvate per le pazienti con questa forma di tumore ovarico sono limitate alla chemioterapia e alla terapia ormonale, con tassi di risposta compresi tra lo 0 e il 14%. Oltre al trattamento standard, alcune pazienti, per esempio in Inghilterra, possono accedere al trametinib, un farmaco utilizzato per trattare tumori della pelle e del polmone e che è in grado di rallentare la progressione del tumore alle ovaie con un tasso di risposta del 26%.
Oggi finalmente si aprono nuove opzioni più efficaci di quelle disponibili. Si tratta di una combinazione di farmaci appena presentata al congresso annuale dell'American Society of Clinical Oncology (Asco) dai ricercatori del Royal Marsden Nhs Foundation Trust e dell'Institute of Cancer Research di Londra. La nuova terapia si è dimostrata capace di ridurre in modo significativo il carcinoma ovarico in quasi la metà delle pazienti e potrebbe rappresentare un punto di svolta nel trattamento di questa neoplasia.
Lo studio clinico - Nello studio clinico di Fase 2 appena presentato, i ricercatori hanno coinvolto 29 pazienti, tutte affette da carcinoma ovarico sieroso di basso grado, ed hanno testato il farmaco avutometinib, che blocca alcune proteine che aiutano a controllare la crescita e la sopravvivenza delle cellule tumorali sia da solo che in combinazione con defactinib, che annulla una proteina che promuove la resistenza ai farmaci.
I risultati dello studio - In quasi la metà (il 45%) delle pazienti trattate con avutometinib e defactinib, il tumore si è ridotto in modo significativo. In particolare, la nuova combinazione ha bloccato la crescita del tumore, rivelandosi oltre quattro volte più efficace del solo avutometinib e quasi due volte più efficace del trattamento con il trametinib.
Autrice dello studio è la dottoressa Susana Banerjee
E se ho un tumore ovarico in stadio avanzato non mutato?
Per cercare di curare efficacemente anche le donne con tumore dell’ovaio in stadio avanzato che non presentano nè la mutazione BRCA né il difetto di ricombinazione omologa (HRD) i ricercatori si sono concentrati sull’utilizzo di più molecole in combinazione.
Tra gli studi presentati recentemente vi è lo studio di FASE 3 DUO-O che ha sperimentato la combinazione tra il PARP Inibitore olaparib, l’immunoterapico durvalumab, la chemioterapia e l’antiangiogenetico bevacizumab. Lo studio è stato effettuato su1300 donne con tumore ovarico in stadio avanzato senza difetto di ricombinazione omologa (HRD) e senza mutazione dei geni BRCA.
Ottimi i risultati ottenuti: la combinazione dei diversi farmaci ha portato a ridurre il rischio di progressione di malattia del 32%. Il che significa che la combinazione di più terapie è la strategia migliore per tenere sotto controllo la malattia avanzata.
Tutte insieme appassionatamente
Non è stato solo il 1° incontro delle associazioni delle donne con tumore ginecologico. E’ stata una Grande festa di notizie, di esperienze e di speranze. Stiamo parlando della campagna Manteniamoci Informate promossa dalle associazioni pazienti impegnate nella lotta contro il tumore ovarico e i tumori ginecologici e del 1° meeting che si è tenuto a Roma il 16 e il 17 giugno.
Nella due giorni gli interventi dei clinici si sono alternati alle testimonianze delle pazienti chiamate a dare il proprio contributo alla soluzione di problemi e bisogni molto sentiti e in alcuni casi ancora oggi non pienamente soddisfatti.
Particolarmente applauditi gli interventi della professoressa Ketta Lorusso, dedicato al presente e al futuro delle terapie, del professor Salvatore Caruso, dedicato al benessere sessuale, e della professoressa Daniela Turchetti sulla duplice valenza dei test genetici.
Le immagini delle giornate comunicano lo spirito di questo evento speciale che ha fatto incontrare donne da tutta Italia. Acto ha partecipato con le presidenti, le rappresentanti dei consigli direttivi e le pazienti socie delle singole associazioni Acto Piemonte, Acto Lombardia, Acto Triveneto, Acto Toscana, Acto Campania, Acto Puglia, Acto Sicilia.
E poiché sono le persone che rendono speciale un evento, grazie a tutte le nostre socie che hanno partecipato con entusiasmo e competenza.
Grazie a:
Giugno mese del tumore dell’utero: IGCS e IGCAN a convegno a Roma
La Società Internazionale di Ginecologia Oncologica - IGCS insieme alla rete di associazioni pazienti IGCAN - ha proclamato Giugno Mese Mondiale del Tumore dell’Utero (o endometrio) per sensibilizzare l’opinione pubblica su questa neoplasia ginecologica che nel mondo interessa oltre 1.415.213 di donne (Globocan, 2020)
Acto Italia, è tra le 25 associazioni pazienti che in tutto il mondo sostengono la campagna mondiale con l’obiettivo di aumentare la conoscenza della malattia, promuovere la ricerca scientifica e l’accesso equo alle cure migliori.
La decisione di dedicare giugno al 4° tumore più frequente nella popolazione femminile che in Italia interessa 122.553 donne e che ogni anno registra 10.000 nuove diagnosi, conferma la particolare attenzione posta da IGCS e da IGCAN ai diritti delle pazienti e alle associazioni che le rappresentano.
A questa sensibilità si lega l’incontro tra le advocacy organizzato da IGCS a Roma l’8 e 9 giugno in concomitanza con la 1°edizione di “Best in woman health”. Occasione di incontro e di scambio di idee ed esperienze, l’evento è stato coordinato da Roberto Angioli, presidente SIOG, Daniela Luvero, chair IGCAN e Alessandra Gatti e ha visto la partecipazione di Vito Trojano, presidente SIGO, delle associazioni Acto Italia, Loto, Abrcadabra e degli esperti di genetica, nutrizione e management Costantini, Calabrese e Ossani.
Quali cure dopo un cancro ginecologico: la ricerca IGCS
Oggi, in Italia si muore sempre meno di cancro: il 59,4 % degli uomini e il 65% delle donne è ancora vivo a 5 anni dalla diagnosi. Sono i cosiddetti “sopravvissuti” termine con cui l’American Cancer Society definisce “chiunque abbia ricevuto una diagnosi di tumore, indipendentemente dalla fase della malattia” e che invece l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) identifica nei “pazienti ancora in vita dopo 3 o 5 anni dalla diagnosi o dalla fine del trattamento e che si trovano in una condizione di remissione completa di malattia”.
Quale che sia la definizione, il numero crescente di sopravvissuti al cancro ha portato in primo piano il follow up oncologico, cioè il periodo conclusivo delle cure, una fase che può durare molto a lungo e che è critica per chi sopravvive perché è proprio in questa fase che si affrontano i problemi fisici e psicologici a lungo termine indotti dalla malattia e che si eseguono gli esami di controllo utili per individuare eventuali recidive precoci.
E' quindi importante sapere se l’attuale gestione del follow up oncologico, che dovrebbe essere parte di un percorso di cura personalizzato, è una realtà che soddisfa i bisogni e le aspettative dei pazienti.
A questa domanda ha risposto una ricerca internazionale condotta da IGCS- Società Internazionale di Ginecologia Oncologica - cui hanno partecipato 407 donne di 34 nazioni per lo più abitanti in aree urbane o suburbane e per lo più pazienti con tumore ginecologico in remissione (71,8%) o in trattamento (28,1%).
Ecco la situazione.
La maggioranza delle pazienti (65,19%) ha dichiarato di non aver ricevuto un programma standard per il post cura. La minoranza ha ricevuto supporto individuale per problemi fisici (47%) e counseling psicologico (39,6%), supporto di gruppo (21,6%), consulenza sessuologica (11,5%).
Le pazienti hanno inoltre dichiarato di preferire il servizio post cura offerto dal centro ospedaliero (46,4%) o dalle associazioni pazienti (30,6%) o da gruppi di supporto (16,9%).
In merito al follow up oncologico, inteso come parte integrante del percorso di assistenza al paziente oncologico, l’89,5% delle pazienti è stata invitata a ritornare in ospedale per il controllo delle recidive e delle tossicità ma solo il 22% ha ricevuto piani post cura personalizzati.
In merito alla partecipazione a studi clinici sperimentali, il 54,5% delle donne intervistate ha dichiarato di non essere mai stata invitata a partecipare e solo il 28% ha dichiarato di essere stata informata in merito dal proprio medico. Si conferma quindi anche a livello internazionale il dato di non partecipazione agli studi clinici dell’81% che già era stato rilevato dallo studio osservazionale “In Acto” del 2019 e che fu condotto su 359 pazienti di 25 ospedali italiani di eccellenza. I numeri, quindi, riconfermano la problematicità dell’accesso agli studi sperimentali che, per molte pazienti, rappresentano spesso l’unica chance di sopravvivenza.
In conclusione, dalla ricerca emerge che le donne sopravvissute a un tumore ginecologico hanno molteplici bisogni di supporto ad ampio raggio. Un discorso a parte meritano le pazienti più giovani per le quali è prioritario l’accesso a programmi di preservazione della fertilità precedenti il trattamento oncologico unitamente al supporto psicologico specifico.
Salute Ovaio: dialoghi sul futuro
In occasione della Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico, la giornalista Daniela Minerva ha voluto dedicare un evento di Salute per fare il punto su prevenzione, nuove cure e per raccogliere storie e testimonianze. L’evento "Dialoghi sul futuro - Salute Ovaio", cui hanno partecipato i clinici Nicoletta Colombo e Ketta Lorusso insieme a Nicoletta Cerana, Emanuela Bellet e Silvia Gregory di Acto Italia è stato seguito in diretta sulle testate del Gruppo Gedi: Salute, la Repubblica, La Stampa, Huffpost, Il Secolo XIX, la Provincia Pavese, Gazzetta di Mantova, Il Mattino di Padova, la Tribuna di Treviso, La Nuova Venezia, Il Corriere delle Alpi, Il Piccolo, Messaggero Veneto, La Sentinella del Canavese.
“Questa giornata segna il nostro impegno. Il tumore dell'ovaio colpisce prevalentemente le donne dopo i 50 anni, quelle che non hanno avuto figli (una scelta che oggi vogliamo e possiamo difendere), quelle che hanno avuto un menarca precoce e/o una menopausa tardiva. Colpisce, ci pare, la femminilità nelle sue espressioni più intime e segrete, che anche vogliamo difendere. E' silenzioso e sfuggente. Ma l'aumento della sopravvivenza anche nel campo del tumore ovarico ci apre il cuore. Si può fare. Se tutti faranno la loro parte, se le donne inizieranno ad ascoltare il cuore della loro femminilità, se i ricercatori e le aziende ci daranno nuovi strumenti, se i medici ci aiuteranno, se le istituzioni metteranno a disposizione soldi e strutture. Noi di Salute ci siamo.”
Con queste parole Daniela Minerva ha aperto l’incontro in cui i clinici hanno illustrato le novità in tema di terapie mentre le rappresentanti di Acto Italia hanno portato in prima piano non solo le loro esperienze personali ma i bisogni di tutte le 50mila donne che in Italia convivono con questa malattia.
Per rivedere l'incontro: https://video.repubblica.it/salute/dossier/saluteovaio-salute-donna-tumore-ovaie