Newsletter Settembre Ottobre 2022
Tumore dell'endometrio: approvata la prima terapia personalizzata
Tutte le donne italiane che convivono con un tumore avanzato o ricorrente dell’endometrio, per il quale non esistevano cure, oggi hanno finalmente a disposizione un farmaco specifico: si tratta di Dostarlimab, la prima immunoterapia 'su misura' capace di riattivare il sistema immunitario nelle donne con malattia localmente avanzata o metastatica e con tumore dMMR/MSI-H, una particolare struttura molecolare presente in circa il 30% delle pazienti.
In altre parole, questo anticorpo monoclonale riattiva in circa un terzo delle pazienti la capacità del corpo di difendersi da solo, risvegliando il sistema immunitario che si era “addormentato”.
L’Italia è stato tra i primi Paesi europei ad approvare l’uso di questa terapia a fronte dei risultati dei risultati dello studio scientifico GARNET che ha dimostrato che questo farmaco riesce a bloccare la progressione della malattia per un periodo di oltre due anni (27,6 mesi per la precisione). “I dati del GARNET confermano non solo l’alto tasso di risposta positiva nelle pazienti con questo specifico tipo di tumore, ma anche la durata e la rapidità della risposta con beneficio immediato in termini di qualità di vita della paziente” ha commentato la professoressa Nicoletta Colombo, Dipartimento Medicina e Chirurgia Università Milano Bicocca, Direttrice Programma Ginecologia Oncologica Istituto Europeo di Oncologia-IEO”.
E gli esperti non escludono la speranza che qualche paziente così trattata possa guarire.
Dostarlimab, che viene somministrato per infusione endovenosa, è un’ulteriore prova dell’efficacia della medicina personalizzata nel campo dei tumori ginecologici e della sua capacità di rivoluzionare le cure come già ampiamente dimostrato nel tumore dell’ovaio dai PARP inibitori.
L’avvento del farmaco assume una particolare importanza anche a fronte dell’incremento dei casi di tumore dell’endometrio che in Italia sono saliti a 10mila all’anno con una previsione di ulteriore aumento. Questo incremento è legato non solo alla mancanza di strumenti di prevenzione o di diagnosi precoce come esistono per il tumore del seno (mammografia) o per il tumore del collo dell’utero (PapTest) ma anche alla mancanza di informazione che, insieme alle nuove terapie personalizzate, si conferma come l’alleato più prezioso di ogni donna che abbia a cuore la propria salute. E all’informazione sul tumore dell’endometrio è dedicata la specifica sezione sul sito
Nata a Treviso Acto Triveneto
Con il patrocinio della ULSS 2 Marca Trevigiana è nata a Treviso Acto Triveneto, l’ottava associazione pazienti della rete italiana Alleanza contro il Tumore Ovarico. L’associazione pazienti intende diventare il punto di riferimento interregionale per tutte le donne affette da tumore ginecologico e per i loro familiari e caregivers. Ne parliamo con la presidente Petra De Zanet, già consigliere comunale di Treviso, toccata profondamente da questa patologia, dopo che nel marzo del 2021 le fu diagnosticato un tumore dell’ovaio genetico ereditario.
Come mai ha deciso di fondare Acto Triveneto e chi la accompagna in questa avventura?
“Percorrendo la lunga strada della cura, seguita dai medici ginecologi e oncologici dell’ospedale Ca’ Foncello, ho deciso di mettere la mia esperienza di paziente e le conoscenze acquisite “sul campo” al servizio di altre donne colpite da un tumore ginecologico. Mi affiancano in questa sfida le socie fondatrici Sabina Nardi, Francesca Foltran, Rosabella Vedovato, donne coraggiose che come me convivono con la malattia, e la dottoressa Grazia Artioli, oncologa da cui è partito l’input per unire in alleanza le donne del Triveneto”.
Che obiettivi vi siete date?
“Con Acto Triveneto vogliamo stare accanto alle donne che devono affrontare questi difficili percorsi di cura. Faremo un’opera di informazione, prevenzione e ascolto insieme ai medici dell’ospedale Cà Foncello che in Veneto è un centro di eccellenza per la cura dei tumori ginecologici. Saranno al nostro fianco Francesco Benazzi, direttore generale dell’Ulss 2, Adolfo Favaretto direttore dell’Oncologia del Ca’ Foncello ed Enrico Busato, primario della struttura complessa di ostetricia e ginecologia. Ma ci auguriamo vivamente di poter collaborare nei prossimi mesi anche con i ginecologi, gli oncologi e i ricercatori di tutti i centri di eccellenza per l’oncologia ginecologica del Triveneto perché credo che solo attraverso l’unione tra pazienti e sanitari potremo vincere la sfida posta da queste neoplasie.”
A quali bisogni di pazienti e familiari intendete dare risposta?
“Abbiamo scelto di stare al fianco delle donne colpite da tumore ginecologico perché spesso spaesate dopo la diagnosi e per indirizzarle verso i centri specializzati nel trattamento chirurgico e medico di queste neoplasie. La scelta dell’ospedale dove curarsi è infatti la prima e più importante decisione che una donna malata deve prendere. E poi staremo con loro per sostenerle e migliorarne la qualità di vita durante il percorso di cura.”
Qual è la situazione regionale delle neoplasie ginecologiche?
“Lo scorso anno all’Ospedale Cà Foncello di Treviso, centro Hub di riferimento per tutti gli altri ospedali della provincia e presso il quale abbiamo fissato la sede di Acto Triveneto, sono stati registrati 160 tumori ginecologici. Nei primi sei mesi di quest’anno i soli tumori ovarici diagnosticati e operati sono stati 40. L’ospedale Ca’ Foncello ha già avviato il gruppo multidisciplinare di oncologia ginecologica per la presa in carico diagnostica e terapeutica delle pazienti con neoplasie ginecologiche. Inoltre, insieme alla chirurgia senologica, ha creato l’ambulatorio di consulenza genetica per le pazienti BRCA mutate, dove si attua la nuova frontiera della prevenzione nella familiarità dei tumori femminili.
A livello interregionale cresce la rete di partnership strategiche dell’Istituto Oncologico Veneto (IOV) grazie all’accordo di collaborazione siglato con il Centro di Riferimento Oncologico (CRO) di Aviano. Importante anche il provvedimento preso da Regione Veneto che introduce il test HPV-DNA in sostituzione del PAP test come test primario del tumore della cervice (o collo dell’utero). Fortunatamente l’incidenza di questo tumore si sta riducendo grazie alle campagne di vaccinazione contro il papilloma virus a cui si sottopongono gli adolescenti maschi e femmine che possono contrarre la malattia con i rapporti sessuali”.
Avete un progetto che vi sta particolarmente a cuore?
“La prevenzione è l’obiettivo dei nostri prossimi progetti. In particolare, vorremmo partire con un progetto che possa essere di aiuto concreto alle donne a rischio di tumore genetico ereditario”.
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Nuova guida ENGAGe/Acto ai test genetici per le donne con predisposizione ereditaria al tumore
Una percentuale non trascurabile dei tumori ginecologici che colpiscono l’apparato genitale femminile (utero, ovaie, cervice uterina, vulva e vagina) è causata da mutazioni genetiche, cioè da un difettoso funzionamento di alcuni geni che si trasmettono per via ereditaria per la metà dal padre e per la metà dalla madre. A queste mutazioni la guida ENGAGe/Acto “Test genetici per le donne con predisposizione ereditaria al tumore” dedica 24 pagine fitte di informazioni che aiutano a individuare le alterazioni genetiche che aumentano il rischio di sviluppare un tumore al seno, all’ovaio, all’intestino e all’utero (o endometrio). Inoltre, la guida aiuta a capire quali sono i test genetici, come si eseguono, a chi sono consigliati e come si previene o si riduce il rischio di sviluppare un tumore ereditario. La guida è scaricabile gratuitamente dal sito dell’associazione a questo link
La mutazione genetica più conosciuta associata al tumore ovarico è quella dei geni BRCA1 e BRCA2. Per le donne che abbiano ereditato una mutazione del gene BRCA1 il rischio di sviluppare un tumore dell’ovaio è del 44%; per quelle con mutazione del gene BRCA2 è del 17%. Queste mutazioni possono anche aumentare il rischio di tumore al seno e, in particolare, una mutazione nel gene BRCA2 può causare tumore del seno nell’uomo, tumore della prostata e del pancreas. Recentemente si è scoperto che la percentuale di rischio di tumore ovarico aumenta moderatamente anche in presenza della mutazione dei geni RAD51C (11%), RAD51D (13%), BRIP1 (6%) e PALB2 (5%). Quest’ultimo è associato anche a un alto rischio di tumore al seno.
La Sindrome di Lynch è la più frequente sindrome ereditaria che aumenta la predisposizione al tumore dell’utero (o endometrio) e dell’intestino. Questa sindrome è definita dalla presenza di alterazioni nei geni MLH1, MSH2, MSH6 e PMS2. L’alterazione dei geni MLH1, MSH2, MSH6 aumenta il rischio di sviluppare un tumore dell’utero (o endometrio) dal 37% al 49%. Per la mutazione PMS2 il rischio di tumore dell’utero è di circa il 13%. L’alterazione di questi geni aumenta anche il rischio di tumore ovarico in una percentuale dell’11-17%. Se si è portatori della Sindrome di Lynch si ha inoltre un aumentato rischio di sviluppare cancro dello stomaco, del tratto urinario, del pancreas e del cervello.
Le alterazioni genetiche vengono rilevate attraverso specifici test di screening che non si indirizzano a tutta la popolazione ma sono riservati solo alle donne affette da neoplasia ovarica, alle donne affette da tumore dell’utero (o endometrio) e alle persone con una forte storia familiare di tumore. Il test più conosciuto è il test BRCA che rileva l’alterazione di questo specifico gene sia sul tessuto tumorale (test somatico) che su un campione di sangue (test germinale). Il test somatico viene effettuato all’atto della diagnosi e permette di avviare le pazienti che risultino BRCA mutate alle nuove terapie farmacologiche a base di PARP inibitori. Il test germinale viene effettuato quasi sempre insieme al test somatico e serve per verificare se la mutazione è trasmissibile ereditariamente perché solo le alterazioni genetiche presenti nel sangue possono essere ereditate.
Nel caso di tumore ovarico alcuni centri ospedalieri raccomandano anche il Test HRD (Homologous Recombination Deficiency – Difetto della Ricombinazione omologa) che identifica le donne il cui tessuto tumorale presenta un difetto nei meccanismi di riparazione del DNA e comprende la valutazione di numerosi altri geni che potrebbero mostrare mutazioni anche nelle pazienti non BRCA mutate che quindi potrebbero trarre beneficio dalle terapie con PARP inibitori. Circa il 50% dei tumori ovarici è correlato a mutazioni.
Nelle pazienti con tumore dell’utero (o endometrio), il tessuto tumorale viene studiato in laboratorio con il Test Immunoistochimico (IHC). Il patologo studia il tessuto con colorazioni speciali per valutare l’espressione delle proteine MLH1, MSH2, MSH6 e PMS2. Se il risultato mostra una perdita di positività per qualunque di questi geni si deve eseguire il test genetico su campione di sangue (germinale) per chiarire se il cancro è causato da una alterazione genetica nel qual caso si potrebbe fare diagnosi di Sindrome di Lynch.
I test genetici sono la più importante forma di prevenzione primaria per le persone sane con una forte storia familiare di tumore. Nel caso il test evidenzi una maggiore probabilità di sviluppare un tumore ovarico, il rischio si riduce sottoponendosi a controlli regolari, assumendo la pillola anticoncezionale per almeno 4 anni (riduzione del rischio pari al 50%), sottoponendosi al termine della vita riproduttiva alla chirurgia profilattica, cioè all’asportazione delle ovaie e delle tube (riduzione del rischio pari al 96%). Alle donne sane in cui sia stata accertata la presenza della Sindrome di Lynch si raccomanda di assumere aspirina in quanto è provato che l’aspirina riduce il rischio di tumore dell’intestino e di tumore in generale. Alle donne con Sindrome di Lynch si raccomanda anche uno screening regolare per tumore dell’intestino, cioè la colonscopia da eseguirsi ogni due anni.
Grande successo della Giornata Mondiale dei tumori ginecologici GO Day 2022
Si è svolta con successo il 20 settembre scorso la IV Giornata Mondiale dei Tumori Ginecologici – GO DAY - promossa dall’associazione pazienti europea EnGAGE e dalla Società Europea di Ginecologia Oncologica (ESGO).
All’appuntamento hanno partecipato oltre 80 associazioni di 34 Paesi che hanno promosso iniziative di informazione e sensibilizzazione sui tumori ginecologici, le neoplasie femminili più frequenti che in Italia interessano oltre 223.000 per circa 20mila nuovi casi anno.
Per ricordare l’importanza di queste neoplasie Acto Italia insieme alle 7 associazioni regionali ha promosso un fitto programma di eventi.
Di particolare rilievo gli eventi pazienti organizzati da Acto Piemonte presso il Ranch delle Donne, la mostra di ritratti “Con. turbante” organizzata a Milano in partnership con Acto Sicilia, le giornate di oncoestetica promosse da Acto Lombardia nei principali ospedali della Regione, le visite ginecologiche gratuite promosse da Acto Puglia a Lecce, Bari e Acquaviva delle Fonti, la sfilata delle pazienti di Acto Toscana. In occasione della Giornata le associazioni hanno dipinto di viola i monumenti cittadini, dalla Mole Antonelliana di Torino alla Torre dell’Orologio di Avellino.
La Giornata Mondiale è stata anche l’occasione per presentare con un importante evento scientifico Acto Triveneto, la nuova associazioni pazienti che si è unita alle 7 associazioni Acto già presenti sul territorio e che opererà nelle regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige.
Tumore ovarico: più vita con le nuove terapie
Circa il 70% delle donne con tumore ovarico avanzato va incontro a recidiva entro due anni. Ma questa realtà sta cambiando grazie ad una nuova terapia di mantenimento. Lo dimostrano i risultati degli studi PAOLA1 e SOLO1 presentati al congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) che si è tenuto recentemente a Parigi.
I risultati degli studi hanno evidenziato che in queste pazienti – in particolare in quelle HRD positive (che cioè presentano un deficit della ricombinazione omologa) - a 5 anni dalla diagnosi, il trattamento di mantenimento, dopo la terapia di prima linea, con il PARP inibitore olaparib in combinazione con l’antiangiogenico bevacizumab, ha aumentato la sopravvivenza nel 65% dei casi ed ha ridotto il rischio di morte del 38%.
I risultati sono particolarmente interessanti perché in questo studio è stato coinvolto un numero consistente di pazienti con prognosi particolarmente sfavorevole (pazienti metastatiche in stadio IV con residuo di tumore dopo l’intervento chirurgico) e perché le donne trattate con olaparib per soli due anni hanno registrato non solo una più lunga sopravvivenza libera da progressione della malattia ma hanno continuato a beneficiare del farmaco in termini di sopravvivenza globale anche dopo la sospensione della cura.
BIG summit a Pordenone
Ospitato a Pordenone il 13 e il 14 ottobre il convegno “BIG – Breakthrough in Gynaecologic Oncology”, un importante summit scientifico dedicato alla grande svolta che la ginecologia oncologica sta vivendo a partire dalla ricerca traslazionale sino alla pratica clinica quotidiana.
Al centro del confronto, coordinato dal Responsabile Scientifico Michele Bartoletti, che ha coinvolto oltre 30 tra i più autorevoli clinici e ricercatori italiani, le neoplasie dell’apparato ginecologico la cui frequenza percentuale e la cui mortalità stanno aumentando nella popolazione femminile adulta. Secondo le ultime statistiche in Italia i casi di tumore dell’endometrio, dell’ovaio, della cervice uterina, della vulva e della vagina sono in totale 223.500 e annualmente si registrano poco meno di 20mila nuove diagnosi. La gestione clinica di queste patologie è complessa e richiede un’armoniosa integrazione tra tecniche di biologia molecolare, alta expertise chirurgica e la gestione di uno scenario terapeutico in continua evoluzione.
Il congresso BIG - Breakthrough In Gynaecologic Oncology – ha offerto una full immersion su tutti i temi più rilevanti dal punto di vista della diagnostica, della chirurgia, della terapia medica e della organizzazione sanitaria ponendosi così come punto di riferimento nazionale per tutti gli specialisti medici coinvolti nella gestione della paziente con neoplasia ginecologica.
Partecipando all’apertura del Congresso cui ActoTriveneto ha dato il proprio patrocinio, la presidente Petra De Zanet ha sottolineato l’importanza di una costante collaborazione tra mondo scientifico e associazioni pazienti per garantire una sempre migliore risposta ai bisogni di prevenzione, di cura e di qualità della vita delle pazienti.
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